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Castel Leuchtenburg e Rosszähne (in Bassa Atesina)

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Un facile giro ad anello nella Bassa Atesina.
Leuchtenburg Castelchiaro
Il castello (qui la vista verso Caldaro con il Monte Roen sullo sfondo) aveva un muro di cinta rotondo che racchiudeva alcuni edifici abitabili. Risale al XIII secolo ed appartenneva ai signori di Rottenburg. Nel 1339 fu espugnato insieme al vicino castel Varco dal principe-vescovo di Trento. Infine Castelchiaro entrò in possesso dei signori di Tirolo, che lo concessero in feudo ai Capitani di Caldaro. Per lungo tempo il castello fu anche sede della Corte di giustizia. Dopo il 1610 il castello non venne più abitato e cadde in rovina.
Leuchtenburg Castelchiaro
I punti notevoli in questa breve escursionesono due, le rovine del castello
e questo affascinante belvedere di pietra rossa.
Vedi altre foto in Picasa Web Album.
Leuchtenburg Castelchiaro
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Risalendo la Val d'Adige in direzione Bolzano lo sguardo m'era caduto sullo sperone di porfido che divide in due la Bassa Atesina, la bassa dorsale che taglia in due il fondovalle e che si chiama Mitterberg/Monte di Mezzo. Sta in mezzo al fondovalle, con il lago di Caldaro da un lato e l'Adige dall'altro e culmina con il massico torrione medioevale di Leuchtenburg/Castelchiaro, punto strategico ben visibile anche dalla Bassa Atesina, fra Ora e Bronzolo.
Tutto il Monte di Mezzo è caratterizzato da tracce di fortificazione retiche, successivamente modificate dai romani. Sul sentiero che porta dalla strada alle rovine, inoltre, si costeggia un muro di difesa preistorico.
Attualmente il rilievo è tutto coperto dalla vegetazione ma quando il suo fianco occidentale era tenuto sgombro dalle coltivazioni dovevano spiccare i massi aguzzi della sua sommità, torrioni di porfido rosso chiamati Rosszähne (Denti di
Cavallo). E' fra questi denti che si raggiunge la massima elevazione della breve dorsale, uno spiazzo rotondo di pietra compatta affacciato sul fondovalle.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 305

Quota massima raggiunta: m 610
Dislivello assoluto: m 305
Dislivello cumulativo in salita: m 403
Dislivello cumulativo in discesa: m 411
Lunghezza con altitudini: km 8,1
Tempo totale netto: ore 2:00
Difficoltà: E

Descrizione del percorso: dall'auto (m 305) si prende (tabella) l'evidente sentiero AVS 18 che sale nel bosco in direzione sud e lo si segue senza problemi fino a quota 500 dove lo si lascia per prendere a sinistra(cioè verso nord) giungendo in breve alle rovine del castello (m 573). Ritornati brevemente sui propri passi fino adintercettare ilsentiero di prima, lo si imbocca in direzione sud. Quando la traccia smette di prendere quota, una deviazione dipochi metri porta sul nudo e circolare belvedere di porfido di quota 608 (qualche metro prima, sulla sinistra, c'era quello di quota 609, meno evidente). Lasciati i Denti diCavallo,siprosegue in direzione su per l'unico sentiero, a tratti un po' scosceso. Sempre senza problemi di orientamento lo si segue quando riprende la direzione nord riportando al punto di partenza.


Come arrivare: percorrendo la "strada del vino" in direzione di Kaltern/Caldaro, poco prima di raggiungere la rotonda all'ingresso del paese, si prende a destra la stradina che scende stretta fra i vigneti e poi porta a Laimburg passando per la Kreither Sattel/Novale al Varco, la dimenticata selletta che separa Kaltern/Caldaro dalla Val d'Adige. Poco prima della selletta e ancor prima di raggiungere l'isolato maso Kreither Hof e in corrispondenza di un tornante sinistrorso, si stacca sulla destra il sentiero AVS 18 che sale ripido nel bosco ai ruderi del castello Leuchtenburg/Montechiaro (spiazzo ove lasciarel'auto).

Il Teroldego rotaliano e i frati agostiniani

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L'antico monastero agostiniano di San Michele all'Adige è legatissimo al vino principe del Trentino.
Monastero di San Michele all'Adige
I chiostri di conventi ed abbazie erano a pianta quadrata ma quello di San Michele
fa eccezione: è triangolare. Il monastero fu fondato nel 1144-45 dai conti di Ap-
piano in favore dei "canonici regolari" agostiniani, parallelamente all'istituzione
dei conventi dei canonici regolari di Novacella presso Bressanone e di S. Maria
in der Au presso Bolzano.
Non c'è da stupirsene poichè nei tempi andati dove c'erano i frati c'era anche il buon vino.
Naturalmente anche gli Agostiniani di San Michele avranno conosciuto l'arte del vino retico, da queste parti la vite era coltivata fin dal tempo dei romani ma non esistono prove che il vitigno sia stato "inventato" o "scoperto" dai monaci.
Museodi San Micheleall'Adige
Secolarizzato dopo il turbine napoleonico, passò all'amministrazione austriaca che
nel 1874 vi attivò una scuola agraria con annessa stazione sperimentale per fare
rinascere l'agricoltura del Trentino, allora in grave crisi. Oggi l'antico monastero
ospita il benemerito Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina.
 

L'incertezza sull'origine non trattiene i divulgatori locali dal fare affermazioni apodittiche, come quella di Elio Fox (tratta dal suo "Storia delle osterie trentine", Editrice Innocenti, Trento, 1974, pag. 3): "Verso il 1145 furono i monaci agostiniani a curare amorevolmente la vite, e da un vitigno particolare che cresceva sulle colline nei pressi dell'Abazia di San Michele all'Adige, fecero un vino eccezionale: il Teroldego."
In ogni caso questa vigna è veramente autoctona e di antica origine, visto che nel basso medioevo il Teroldego era già conosciuto, come attestano atti notarile del tempo (anche se la datazione rimane incerta: 1383
Teroldego
Dal Monte di Mezzocorona la cannibalizzazione dei terreni agricoli incentivata
dalle lungimiranti amministrazioni del dopoguerra è drammaticamente evidente.
Capannoni e edilizia "Padania Classics" si sono bevuta 1/2 "patria del Teroldego".
oppure 1480?).
Nemmeno sull'origine del nome ci sono notizie certe; mentre alcuni ticordano correttamente un Teroldeghe toponimo locale, secondo altri sarebbe una deformazione del termine Tirodola, vitigno diffuso nell’alto Garda che prende il nome dalla tipologia di allevamento a tutore vivo, le cosiddette tirelle. Secondo altri il Teroldego altro non sarebbe che il Tyrolergold, vitigno "già conosciuto in Germania in epoca tardo-medioevale". Nel tentativo di retrodatare le nobili ascendenze le citazioni "ad minchiam" si sprecano: "In realtà si parla di questo vitigno già ai tempi del Concilio di Trento, ne parlò poi Paolo Diacono" (ma il Concilio si tenne dopo, dal 1545 al 1563, e il longobardo Paolo Diacono visse prima, dal 720 al 799 d.C.) Ancora: "il nome lo diede per la prima volta per scritto Paolo Diacono, alla fine dell’VIII secolo, raccontando nella sua Historia Langobardorum una cruciale battaglia tra i Longobardi e i Franchi per il controllo della via del Brennero" quando una veloce verifica mostra che la ricerca per lemmi nel testo originale latino ha esito negativo).

Sul Colle di Tenna (Valsugana)

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Tra Levico e Caldonazzo lungo uno dei mille presunti tracciati della via consolare romana "Claudia Augusta Altinate".
Lungo il Colle di Tenna si snodava probabilmente il percorso della via consolare romana che da Feltre si portava a Trento per innestarsi sul ramo principale della Via Claudia Augustra ab flumine Pado, la strada consolare aperta da Druso nel 15 d.C. che portava al Passo Resia e alle terre dei Galli "tirolesi". Nella foto il lago di Caldonazzo con il gruppo della Vigolana (a sx) e la più piccola Marzola (a dx).
Un suggestiva stradella interpoderale sul versante meridionale del colle di Tenna.
Il ramo altinate della Claudia Augusta sarebbe passato di qui. Il colle può essere
raggiunto anche dal versante del lago di Levico, con percorso altrettanto facile.
Vedi altre foto in Picasa Web Album.

Questa è una breve, piacevole, facile e panoramica passeggiata ad anello con vista sul Lago di Caldonazzo, la Vigolana, la Marzola e i monti della Valsugana, da fare quando manca il tempo o la voglia per uscite più lunghe e impegnative.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
I due laghi della Valsugana sono separati da un basso colle allungato lungo il quale da qualche parte, sulla destra, al centro o sulla sinistra doveva transitare il misterioso ramo orientale della via Claudia Augusta, quello quello che dal porto romano di Altino, tra Venezia e Grado, saliva a Feltre per poi congiungersi a Trento col ramo principale che saliva da Ostiglia ("ab flumine Pado").
Da qualche anno le indicazioni turistiche "Claudia Augusta" si sprecano. Sulle tracce della Claudia Augusta sembra essere diventato lo slogan delle APT e dei sindaci locali a corto di idee. Al di là di ogni ragionevole evidenza il tracciato della storica "Via Claudia Augusta Altinate" viene continuamente
evocato e invocato ovunque e
da tutti e chi mette più cartelli ragione ha. Poi il finanziamento pubblico cessa e il cartello ingrigisce, ma tant'è.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 450 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 616
Dislivello assoluto: m 166
Dislivello cumulativo in salita: m 170
Dislivello cumulativo in discesa: m 138
Lunghezza con altitudini: km 5,1
Tempo totale netto: ore 1:30
Difficoltà: T

Descrizione del percorso: dal parcheggio (m 450) si prende la stradina che sale decisa attraverso il borgo. Passata la pizzeria si svolta a sinistra (tabella) prendendo una stradina interpoderale che si mantiene quasi orizzontale mentre taglia le coltivazioni del colle mantenendosi parallela al lago, che rimane una cinquantina di metri più in basso. Più avanti prende lentamente quota fino a raggiungere le prime case del paese di Tenna; ci si immette sulla strada asfaltata svoltando a destra e risalendo in breve al centro del paese (m 569, bar, alimentari). Tornando inizialmente sui propri passi si transita davanti alla scuola elementare e, tenendosi sulla destra, si seguono le indicazioni per il Forte di Tenna e la chiesetta di San Valentino. Si lascia il paese dirigendosi verso Est su facile mulattiera. Transitati dinnanzi all'ex-forte di Tenna si giunge in piano allo spiazzo panoramico che ospita la chiesetta di San Valentino e la capanna degli Alpini (m 579). Si prosegue lungo l'evidente percorso che raggiunge lo sperone orientale del colle e qui svolta decisamente verso Ovest. Si prosegue in discesa con larga vista panoramica fino alla località Brenta.

Come arrivare: da Levico bisogna raggiungere in auto la località Brenta, piccolo nucleo abitato ai piedi del colle di Tenna dalla parte del Lago di Caldonazzo. Da Levico ci si immette sulla superstrada della Valsugana in direzione Trrento; dopo un chilometro si prende l'uscita sulla destra che immette nelpiccolo borgo lambito dalla superstrada. Qui si può comodamente parcheggiare.

Al lago di Nembia (Molveno) da Ranzo (Valle dei Laghi)

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Fino al laghetto di Nembia e poi a quello di Molveno, con ritorno dal sentiero di San Vili, passando dal piccolo nucleo abitato di Deggia.
Il ritorno si svolge lungo un tratto del percorso chiamato "sentiero di San Vili," così battezzato dopo la sua riscoperta degli anni Ottanta. Il tracciato deve il suo nome al vescovo e martire del cristianesimo trentino San Vigilio di Trento. Il vescovo era in realtà un esattore delle imposte e finì ucciso dai rendenesi, dopo che i suoi inviati in anaunia erano stati bruciati vivi dai nonesi.  Non sappiamo come sia morto Vigilio: un tardo racconto, che parla di martirio, non convince gli studiosi. Non si conoscono i dettagli della sua morte: una leggenda narra che venne ucciso a zoccolate in Val Rendena; altre versioni dicono che la sua lapidazione prese il via da una zoccolata datagli da una donna.
Tra i due laghi si estende, defilata e invisibile dalla strada statale, un suggestivo
mondo minore fatto di vecchi coltivi punteggiati da casette addossate a grossi
massi erratici.
Vedi altre foto in Picasa Web Album.
Tra il Lago di Toblino e quello di Molveno corrono, alti sulle pendici del Monte Gazza, antichi tratturi e sentieri di collegamento fra il Banale e Trento, che si muovono sempre in quota e fanno parte di una più ampia rete di antichi collegamenti locali.
Per questi antichi transiti ci si muoveva a piedi su lunghe distanze, senza mai perdere quota e sempre per la via più breve. I collegamenti pedonali dalle Giudicarie a Trento si tenevano
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
alla larga dal fondovalle: niente Gola del Limarò e niente Lago di Toblino. Lungo questi passaggi alti aleggia un'atmosfera distesa e antica, ricca di presenze umane oggi attentamente recuperate. L'unico sfregio (ormai semplice curiosità storica e "memento" per gli amministratori "lungimiranti") è il tracciato di una strada progettata negli Settanta, e bloccata in extremis, che avrebbe dovuto collegare il piccolo paese di Ranzo con Molveno e che avrebbe spostato il traffico turistico e commerciale dal fondovalle alle
terre alte (ma che bella pensata!).

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 820 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 899
Dislivello assoluto: m -5
Dislivello cumulativo in salita: m 619
Dislivello cumulativo in discesa: m 639
Lunghezza con altitudini: km 21,0
Tempo totale netto: ore 5:30
Difficoltà: E

Descrizione del percorso: lasciata l'auto (m 820), si procede lungo la strada aperta negli anni Settanta e mai completata che avrebbe dovuto collegare Ranzo con Molveno. Ci si muove in piano fino ad entrare nel bosco. Qui la strada si restringe e diventa una forestale. Si procede in leggera discesa fino a quota 790, dove si attraversa la statale per Molveno per portarsi sullaghetto di Nembia. Su sentiero evidente si prosegue in piano fino alle acque del Lago di Molveno. Al ritorno abbiamo percorso unbreve tratto di asfalto (evitabile) fino a ritrovare la sterrata, che abbiamo percorsa all'indietro fino al Dossdella Croce (m 825, cartello) dove l'abbiamo abbandonata prendendo il sentiero SAT 613 che scende alla localita Deggia (m 620, chiesetta). Siamo sul percorso "Via di San Vili"eproseguiamo senza problemi di orientamento prima in leggera discesa, poi in salita, in esposizione sulla sottostante gola del fiume Sarca, fino alla chiesetta di San Vigilio (m 618) ormai alla periferia di Ranzo. Da qui prendiamo la strada per tornare all'auto (breve tratto di asfalto, poi sterrato).

Come arrivare: a Vezzano si lascia la strada statale Trento-Riva del Garda per arrampicarsi su stretta stradina asfaltata fino a Ranzo. Dal paese si prende l'ampia strada bianca che prosegue dritta, relitto di uno sciagurato progetto degli anni Settanta. Dopo un tornante sinistrorso si fa sterrara e prosegue in piano. Parcheggiare a scelta.



Naturno, il peggio dell'Alto Adige

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In Sudtirolo il ventennio berlusconiano ha picchiato duro, ha sfregiato in profondità paesaggio e luoghi, ha lasciato ematomi difficili da riassorbire.
La spinta iniziale all'affarismo e al cupio dissolvi di un'identità storica è partita dalla
sede comunale, insomma proprio da chi avrebbe dovuto avere cura del paese.
Praticamente non è rimasto nulla, la crosta edilizia si è così gonfiata che per riuscire
a vedere il castello di Nautrnobisogna spingersi alla (brutta) periferia del paese.
Tra i posti più saccagnati c'è sicuramente Naturno. Il centro del burgraviato venostano ha tagliato i ponti con sè stesso e si è trasformato in un lindo, ordinato e asettico incubo cementizio senza identità e senz'anima.
Nel centro storico gli edifici sopravvissuti sono forse tre, un antico albergo e due abitazioni; il resto è stato spazzato via dal cemento armato, metri cubi di periferia urbana presi e spostati quassù, in nome della modernità e della "crescita".

Monte Castelberto (Lessini)

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Ciaspolata di primavera tra le ampie praterie pianeggianti dell'alta Lessinia, in un paesaggio di malghe, sole e pietra rosa.
Dal margine settentrionale dell'altipiano si gode di un panorama circolare completamente aperto sui quattro lati. Qui una inquadratura verso occidente, con al centro la lunga catena del Monte Baldo. Sulla sinistra si inravvedono la pianura veronese e uno spicchio di Lago di Garda, con le gibbosità erbose del Corno d'Aquilio in primo piano. Sulla destra primeggia il Monte Altissimo di Nago con la propaggine del basso Monte Vignole. Le vette innevate sullo sfondo si estendono dai monti dell'Adamello alle Dolomiti di Brenta.
Dal Castelberto verso la Val d'Adige. L'omonimo rifugioè stato costruito sui resti
di una casermetta miltare della prima guerra mondiale e si trova proprio sulla pia-
noro sommitale. E' stato realizzato con cura e attenzione usando pietra chiara
della Lessinia, con buon senso e aderenza alle forme e tecniche costruttive tradi-
zionali (l'interno, invece, scimmiotta le stubi tirolesi).
Vedi altre foto in Picasa Web Album.
L'arioso paesaggio della Lessinia è fatto di grandi pascoli ondulati e malghe tutte in pietra poggiate su un suolo carsico dove il legno è raro e l'acqua un bene prezioso.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Qui i pochi alberi esistenti si riuniscono a ciuffi attorno ai massi affioranti che trattengono nelle loro ombre l'umidità.
Tutti i manuffatti sono di pietra, i lastroni di calcare lavorati a mano sostituiscono il legno e il mattone in tutti gli usi, sono utilizzati fin dai tempi più antichi perfino come forma di recinzione. Terre alte aspre e povere, che sembrano scivolare lentamente verso sulla pianura veronese e non fanno parte del mondo alpino più conosciuto. Abitate da genti povere che le contendevano alla miseria, discendenti dagli antichi Cimbri, ma meno fortunati dei loro parenti dell'altipiano d'Asiago.
Il rifugio è interamente nuovo ma è stato costruito nel rispetto delle forme antiche, usando i lastroni della pietra locale ed è a mio avviso un buon esempio di regionalismo architettonico.
La nuova costruzione è dotata di
una pala eolica, una serie di pannelli solari distribuiti sul tetto e un tradizionale generatore a scoppio.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.380 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 1.760 (Rifugio Castelberto)
Dislivello assoluto: m 380
Dislivello cumulativo in salita: m 433
Dislivello cumulativo in discesa: m 433
Lunghezza con altitudini: km 13,22
Tempo totale netto: ore 4:15 AR
Difficoltà: E

Descrizione del percorso:
dal parcheggio (m 1.380) si taglia a piacere verso N-E dirigendo per Malga Fittanze e proseguendo diritti fino ad incrociare la strada ex-militare che porta a Malga Lessinia (m 1.617) da dove si prosegue in direzione Nord avendo cura di rimanere sulla traccia appositamente battuta per i pedoni e distinta dalla pista da fondo. Il rifugio è a quota 1.760 e si raggiunge senza difficoltà alcuna.

Come arrivare: si lascia l'auto al PassoFittanze della Sega. Chi proviene dal Trentinoabbandona la statale del Brennero dopo Ala prendendo sulla sinistra la strada asfaltata chiamata "sega di Ala" che sale sull'Altipiano con numerosi tornanti e raggiunge Passo Fittanze (parcheggio).


Annotazione etica: il rifugio non ha rilasciato ricevuta fiscale.

La Birreria Pedavena di Trento

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Col tempo la Birreria Pedavena è diventata un riferimento assoluto, punto fermo toponomastico della "città del Concilio".
Ai tempi ha esercitato coi nomi di "Speranza" e albergo "Alle Due Chiavi". Continua
ad essere ospitata in un edificio settecentesco che, come molte cose in questa cit-
tà,  confina con una proprietà immobiliare della Curia vescovile trentina. E' situata
proprio di fronte alla trattoria "Al Volt", un altro locale radicato nella storia cittadina.
Sembra impossibile ma una borghesia trentina laica, a-democristiana e non clericale è effettivamente esistita anche qui, nella capitale della controriforma.
La birreria "fuori le mura" ne faceva parte, ne era parte cospicua.
La birreria trentina è stata a lungo una "filiale" del blasonato stabilimento che
i fratelli Luciani realizzarono nel 1896 a Pedavena, ai piedi delle Vette Feltrine,
praticamente a Feltre. Gli interni sono da vedere per gli spazi, gli arredi, l'atmo-
sfera e il carattere che sopravvivono alle recenti e non felici aggiunte.
A partire dal 1924 il cortile della "Pedavena" ospitò il teatro del "Club Armonia", tutt'ora attivo, che fu una gloriosa istituzione laica cittadina ispirata alla cultura irredentistica al pari di molte altre, quali la "Lega Nazionale, la "Società corale", la "Pro cultura", il "Veloce Club", la "Società del pallone", la "S.A.T.", l'"Unione ginnastica", la "Società degli studenti trentini", la"Società Regnicola" (che riuniva gli immigrati italiani), la "Società d'igiene", eccetera.
Oggi, dopo il fallimento dello stabilimento-madre e il suo rilevamento da parte della multinazionale Heineken, a Trento si produce in loco una birra artigianale e il cortile è stato fagocitato da una nuova grande sala coperta, il portico settecentesco ha perso ogni funzione e insomma molto è cambiato. Tuttavia andare al Pedavena a magnar luganeghète col sugo continua ad essere un'idea. Non ottima, forse, ma buona. Sì, insomma, diciamo accettabile. C'è tutto quel che serve per mantenere la tradizione: i würstel con crauti, il gulasch, lo stinco di maiale, i canederli, la carne salada e il carrè di maiale...

Partigia

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Ebrei in fuga, renitenti alla leva, studenti ribelli, anarchici insofferenti, militari sbandati, antifascisti di vecchia data, azionisti, trotzisti, semplici balordi e qualche comunista doc.
Il titolo del libro di Sergio Luzzatto riprende quello di
una poesia di Primo Levi, che fu catturato dai fascisti
proprio al Col de Joux. L'ho utilizzato per costruirmi
una mappa di appunti per un eventuale giro estivo nella
valle che porta alla Testa Grigia.
Sono i partigiani della prima ondata, quelli fuggiti in montagna subito dopo l'otto settembre, carichi di rivolta e paure ma ben decisi a non farsi prendere, più ribelli che idealisti, più vitali che riflessivi, più incazzati che duri e puri, ingenui quanto basta per lasciarsi infiltrare fin dai primi giorni dalle spie fasciste di Salò. Fra loro anche quelli che avevano "deragliato dall'etica partigiana rendendosi responsabili di estorsioni ai danni dei valligiani".
Sono i "partigia", che Sergio Luzzatto vorrebbe descrivere senza retorica, attraverso un minuto lavoro di ricostruzione storica, nella loro evoluzione da ribelli a partigiani, senza nascondere nulla, neanche i "deragliamenti dall'etica partigiana" di chi s'era reso responsabile di estorsioni ai danni dei valligiani.
Siamo in Val d'Aosta e all'inizio l'oggetto del libro sembra riguardare le due bande salite dalla pianura sui prati alti di qua e di là del Col de Joux, una specie di "studio di caso", insomma.
Ma poi, quando allarga la visuale, Luzzatto sembra imboccare il sentiero scivoloso dell'"equidistanza" fra simpatie resistenziali e attrazioni fatali per le sirene revisioniste alla Pansa (che pure cita). E anche se l'equilibrismo - talvolta acrobatico - sembra più un dazio pagato alle mode qualunquiste fiorite nell'ultimo ventennio che frutto di riflessioni profonde, lo sconcerto rimane. Ma tant'è: prendere o lasciare, questo è quanto passa il convento della storiografia più recente. Peccato, perchè il titolo sembrava suggerire un taglio capace di mordere l'argomento, ma se tutto si riduce a un "anche fra i partigiani c'era qualche coglione" allora tanto vale leggere l'originale, cioè Pansa. Pur con tutto ciò, il libro merita comunque d'esser letto, se non altro per capire come il disincanto e il culto del "distacco" possa fare velo al riconoscimento delle responsabilità storiche. Così,  le parti più interessanti rimangono quelle dove, finita la guerra,  l'autore ricostruisce le singole vicende personali di quel gruppo di ebrei torinesi ch'era salito in montagna nell'autunno del '43. (e quelle dell'infiltrato fascista Egidio Cagni, che la fece franca e che col prefetto saloino Cranazzi attrae le simpatie di Luttazzo).

La banda di Arcesaz era acquartierata nelle baite presso il Castello di Graines e quella di Amay faceva base alle casupole della malga di Frumy.

"La ballata del Gherlenda"

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Il Battaglione Gherlenda cantato e musicato da un piccolo ma sorprendente gruppo locale.
Niente seggiole per una memoria in piedi, nei piccoli spazi della "Libreria al Ponte"
di Borgo Valsugana. Alla presenza dell'autore del più bel libro sulla resistenza in
Trentino, quel Giuseppe "Bepi" Sittoni che bisogna ringraziare per aver dato alle
stampe "Uomini e fatti del Gherlenda", un testo che ha salvato dall'oblio i protago-
nisti e le cronache della resistenza antifscista nel Tesino. (Testi e musiche di Sergio
Balestra e Gianfranco Tomio, voce di Morena Roat).
Eh già, trovare qualcuno che si occupi di Resitenza non è poi così facile, specialmente oggi, spe- cialmente in Trentino e specialmente in Valsugana. Però succede, e con risultati inaspettati.
Due chitarre stagionate e vitali più una voce che arriva dalla Valle dei Mocheni, autorevole e squillante.
Tra gli uomini del Gherlenda c'erano comunisti ma anche paesani cattolici e, più semplicemente, uomini dalla coscienza pulita e dalla schiena dritta, poco propensi a seguire le sirene collaborazioniste del prefetto De Bertolini, nominato dai nazisti.

Ritorna la stagione del barbecue

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Sono ancora incerti e un po' troppo freschi, ma i giorni del mangiare all'aperto stanno finalmente tornando...
barbecue tarassaco luganeghe
L'insalata di tarassaco ben si accompagna alle patate incartate nell'alluminio e
lasciate tra le braci mentre würstel "servelade" e salsiccia cuociono a puntino.

L'erba è già stata falciata una prima volta ma l'orto non è ancora ripartito, oltre al verde c'è solo il giallo del tarassaco e delle forsizie, per gli altri colori bisogna aspettare.
Per ora vale ancora la formula cuocere all'aperto e mangiare al coperto, cioè in casa.
E che quest'anno l'estate si faccia davvero sentire e che non si ripetano le piogge continue dell'anno scorso. Intanto le prime patate cotte al cartoccio sono riuscite bene...

I masi alti di Vernago (Val Senales)

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I masi storici che dalle pendici del Drei Wächter/Tre Guardie si affacciano sul lago artificiale possono essere visitati con un semplice giro ad anello.
Da sinistra: il Finailhof (m 1.952), il Raffein Hof (m 1.886) e il Tisenhof (m 1.814). Questi tre grossi masi a corpo separato, insediamenti vecchi fino a 700 anni, sono sopravvissuti all'invaso del 1963 solo grazie all'altezza a  cui si trovano. Realizzati quasi interamente in legno, sono un perfetto esempio di "maso chiuso" a proprietà indivisa. In  Val Senales, e nelle sue laterali, i primi insediamenti abitativi applicarono il modello germanico dei colonizzatori baiuvari. Ecco perchè il maso prevale sul paese. Da queste parti, infatti, l'uomo si affacciò piuttosto tardi, nel VI secolo dopo Cristo, e questo spiega perchè i successivi coloni baiuvari non vi trovarono alcuna pre-esistenza romana.
Il Finail Hof si articola in due edifici di abitazione e uno agricolo, più altre co-
struzioni di servizio, secondo la tipologia insediativa dell'Haufendorf. Come da-
ppertutto, anche il Finail Hof svolge oggi servizio di bar e punto di ristoro. Nella
foto: la vista sul lago artificiale dal balcone di una delle due abitazioni.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
L'escursione è stata fatta a fine novembre, prima della neve e dei lunghi mesi di isolamento e buio che la stradina asfaltata di servizio riesce a mitigare ma non a cancellare.
Ora, in questi giorni d'inizio maggio, i sentieri di mezza costa dovrebbero essere di nuovo percorribili a piedi, con i crochi e primule a segnalare il prossimo ritorno della bella stagione.
Il percorso, che prende quota seguendo la stradina per il Tisenhof, prosegue
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
poi in orizzontale lungo il limitare del bosco sempre affacciato sulle acque del lago artificiale che dal 1963 alimenta la centrale di Naturno. Gli altri masi sono stati sommersi ma questi, i più alti, sono sopravvissuti.
Dal basso sono chiaramente visibili, spiccano sul verde della fascia coltivabile, un tempo piena di campi di segale, orzo, patate, lino ed oggi interamente tenuta a prato perchè, come ormai dappertutto in Sudtirolo, l'agricoltura è interamente
basata sull'allevamento degli animali da latte.
Il ritorno all'auto dal Tisenhof (punto di ristoro) avviene per l'antica mulattiera
che taglia i prati, oggi comodo sentiero adatto a tutti.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.690
Quota massima raggiunta: m 1.960

Dislivello assoluto: m 270

Dislivello cumulativo in salita: m 336

Dislivello cumulativo in discesa: m 313

Lunghezza con altitudini: km 6,24

Tempo totale netto: 2:00

Difficoltà: E



Descrizione del percorso: dal parcheggio  (m 1.690) si prende la stradina asfaltata che sale al Tisenhof (m 1.814) e al Raffein Hof (m 1.886). Da qui si prende l'evidente sentiero AVS 9 che lascia il maso prendendo a sinistra tra i prati. Con andamento più o meno orizzontale si giunge in breve al 
Tisenhof (m 1.814). Dal cortile si prende ilsentiero AVS 8 che scende nell'orto e attraverso i prati e il bosco arriva sulla strada asfaltata del lungolago proseguendo poi per Vernagt/Vernago, che si raggiunge in breve.

Come arrivare: dal Val Venosta, superato Naturno, si prende a destrala strada della Val Senales che si risale fino al lago Vernagt Stausee/Lago di Vernago. All'ingresso del centro abitato, sulla sinistra, si lascia l'auto in un vasto spiazzo-parcheggio.

All'ex-forte sul Col del Gallo (Valsugana)

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Escursione ad anello fra le fortificazioni sul lato italiano della "porta della Valsugana", temutissima dai militari di entrambi gli schieramenti della WW1.
Sulla cima del Col del Gallo (m 873) sorgeva il forte di artiglieria "Col del Gal" pensato per fare da supporto al sottostante forte Tombion. Salendo la vista spazia sulla Valsugana, sull'Altipiano dei Sette Comuni e sulle Prealpi Feltrine. Nella foto abbiamo la vista verso Nord dal Col del Gallo: sullo sfondo il Monte Coppolo, in primo piano Cima Campo (sx) e Col Perer (dx). Su Cima Campo sorgeva l'importante Forte Leone, anche lui parte del sistema difensivo italiano Brenta-Cismon e dirimpettaio di Forte Lisser, che stava sull'altro lato della Valsugana, sopra Enego. Tutta teoria: da questi forti partì solo qualche colpo e da quello del Lisser partì più che altro "fuoco amico".
La Strada del Genio prende quota tagliando la parete sopra Forte Tombion (nel
punto più stretto del Canale di Brenta. I suoi tornanti si snodano sopra la nota e
frequentatissima Birreria Cornale che è stata ricavata dai vecchi alloggiamenti
delle guardie confinarie.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Era così temuta che quando gli austriaci scatenarono la "spedizione punitiva" contro l'Italia, preferirono aggirarla passando dall'altipiano di Asiago.
Il Col del Gallo sta in sinistra Brenta fra Cismon e Primolano in posizione delicatissima, lungo l'antica linea di confine.
La salita avviene dalla "Strada del Genio" costruita nel 1893 dai militari italiani a ridosso del confine fra Regno d'Italia e Impero Austroungarico.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Il sentiero scelto è una ardita strada scavata a fine ottocento per scopi militari, serviva per le postazioni sulla cima del Col del Gallo e per raggiungere le "tagliate" stradali di Fonzaso e di Primolano senza passare per Primolano.
Gemella dell'altra stradina che sale a Incino, ugualmente ardita e che si può impiegare per la discesa, chiudendo ad anello il percorso. Tutto l'articolato complesso denominato "Fortezza Brenta-Cismon" venne abbandonato fin dall'inizio del conflitto.
Il percorso si svolge lungo mulattiere e stradine abbastanza intuitive nonostante siano prive di segnaletica CAI. Saltuarie tabelle locali
aiutano nell’orientamento, tuttavia per fare il punto della situazione si rende spesso necessaria la consultazione della cartina topografica.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 225 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 877 (Col del Gallo)
Dislivello assoluto: m 652
Dislivello cumulativo in salita: m 854
Dislivello cumulativo in discesa: m 869
Lunghezza con altitudini: km 15.00
Tempo totale netto: ore 4:10 AR
Difficoltà: E

Descrizione del percorso: dal parcheggio s'infila il viottolo costretto fra la ferrovia e un paramassi sul lato del monte. Al termine di questo budello ha inizio, sulla destra, quella che sembra una forestale di recente apertura (in realtà lavori di recupero di quanto resta della Strada del Genio costruita per la WW1). Giunti a quota 550 ci si immette sulla stradina asfaltata che da San Vito porta all'Agritur al Ciod in località Ai Parai.(m 660). Si prosegue in falsopiano su strada forestale che taglia il bosco.
Come arrivare: si lascia la statale della Valsugana all'uscita di Cismon del Grappa. Dal centro di Cismon del Grappa si prende la vecchia strada della Valsugana in direzione Trento e si attraversa il ponte sul torrente Cismon. Prima di imboccare il sottopassaggio si parcheggia l'auto presso le poche case vicine alla ferrovia.

La Parete Rossa di Aldino (Bassa Atesina)

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Da Bronzolo ad Ora passando dalla Rotwand (su è giù dalla valle all'altipiano per le antiche vie di collegamento col fondovalle).
Rotwand Parete Rossa Aldino Aldein
L'altipiano di Aldino scende dolcemente dal dolomitico Corno Bianco e s'interrompe bruscamente con il gran salto verticale sulla Val d'Adige, ottocento metri più in basso. L'escursione esplora il mondo minore degli antichi percorsi che s'arrampicavano dal fondovalle e che sono stati "pensionati" dall'apertura della strada che sale da Montagna e poi, definitivamente, con la costruzione del Ponte di Aldino.
Rotwand Parete Rossa Aldino Aldein
La Lahnweg è una mulattiera che dai masi di Aldein/Aldino scende ripida fino al
fondovalle e sbuca ad Auer/Ora. Oggi è poco usata e ancor meno conosciuta.
Conserva tutt'ora qualche tratto del ruvido lastricato in porfido.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
L'altipiano è attraversato da una fitta rete di antiche vie, percorsi di collegamento, sentieri di vicinato, strade forestali sia nuove che abbandonate, stradelle di servizio ai masi e (anche) una numerosa serie anarchica di percorsi escursionistici aggiunti "ad minchiam" dalle varie APT e dagli assessori comunali, con i loro progetti per lo più difficili da capire. Ma va bene lo stesso...
GPS Rotwand Parete Rossa Aldino Aldein
Dal parcheggio presso la stazione ferroviaria di Ora (bel bar d'epoca nel vicino
cimelio ferroviario Ora-Predazzo) ci si sposta a Bronzolo col treno.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Comunque, nessuna cartina è in grado di tener conto di questo intreccio sedimentato nel tempo e in continuo mutamento; ramificazioni e incroci che tante volte svaniscono con le generazioni che li hanno creati e vengono metabolizzati dalla storia del territorio.
Credo che nessuno di noi possa dire di conoscerli veramente. Ho abitato qui per tre anni, ma di certi masi ignoravo l'esistenza, men che meno sapevo di certi passaggi interni.
Questo piccolo altipiano è stato a lungo un mondo separato, sospeso sulla via per l'Alemagna, un territorio che dall'alto del proprio isolamento ha assistito per secoli alla grande storia che gli scorreva accanto, lungo il corso dell'Adige, senza sostanzialmente esserne mai direttamente coinvolto.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza: m 230 (stazione FS di Bronzolo)
Quota di arrivo: m 222 (stazione FS di Ora - parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 1.097 (Göller Spitz)
Dislivello assoluto: m 867
Dislivello cumulativo in salita: m 1.010
Dislivello cumulativo in discesa: m 1.012
Lunghezza con altitudini: km 17,3
Tempo totale netto: 5:15 AR
Difficoltà: EE

Descrizione del percorso: lasciata l'auto al grande parcheggio della stazione FS di Ora ci si trasferisce col treno a Bronzolo (è la prima stazione). Si risale la via che parte dall'edificio della stazione (m 230) fino a incontrare la statale del Brennero,che si attraversa. Si imbocca quindi Via Aldino e la si segue fino agli impianti sportivi, proseguendo ancora. Superata la sede in legno del locale CAI si continua lungo la strada che sale al Maso Göller (arco in ferro con segnali di divieto di transito alle auto, m 330) tralasciando la mulattiera di fondovalle, antica via di collegamento Bronzolo-Aldino. Giunti al maso Göller (m 607) i segni bianco rossi che ci hanno accompagnato nella salita spariscono e le tracce sul terreno portano a false partenze. Il sentiero AVS "S" ha inizio al margine sinistro (senso di marcia) del ghiaione di grossi sassi porfirici ed è difficile da individuare: fare ricorso alla traccia GPS! Il sentiero è fin da subito evidente, segnato e ben tracciato, ma molto ripido e faticoso. Due successive rampe portano fino ai 1.097 metri della Göller Spitz (ometto e panchina). Da qui alla Rotwand/Parete Rossa (m 1.65) il percorso si svolge in falsopiano. In caso di dubbi fare riferimento alla traccia GPS. Lasciato il belvedere della Rotwand sitralasciano le indicazioni per Aldein e per il Göller See (laghetto) facendo invece riferimento all'indicazione AVS 1B, sentiero che ci porterà (con qualche difficoltà di orientamento) dapprima al maso Burgstall (m 1.070) e poi, transitando da altri masi fuori dal bosco, alla ripida discesa lastricata "Lahnweg"che ci depositerà alla periferia di Ora (m 250). Ci aspetta ora un tratto su asfalto (2,2 km) per giungere fino alla stazione di Ora, evitabile prendendo l'autobus.

Come arrivare: l'auto va lasciata alla stazione ferroviaria di Ora, che dispone di ampi parcheggi.

Bandiera a mezz'asta il 24 maggio

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«Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio
» (*)
canzone del Piave
(*) A dispetto della retorica guerresca, quel 24 maggio 1915 il
fronte orientale correva dalle Alpi Giulie a Gorizia e a Monfal-
cone e perciò sul Piave, ovviamente, non c'era un solo fante
ma esclusivamente retrovie e linee logistiche.
Sì, l'Italia era entrata in guerra il 24 maggio 1915 dopo aver cambiato repentinamente bandiera e dopo un anno di traccheggiamenti, ma il contesto cui allude quel "24 maggio" inserito a bella posta nel testo della "Canzone del Piave" (composta nel dopoguerra per celebrarla) era ben altro: i fanti avevano sì marciato, ma dopo la rotta di Caporetto, contro un nemico arrivato ormai al Piave, cioè ad un passo dal comando strategico italiano di Vicenza.
Quello della Canzone del Piave" era il 24 maggio del '18, non del '15.
Ma tant'è: sulla WW1 nostrana la retorica, le trombonate e la disinformazione abbondano, la cortina fumogena alzata nell'immediato dopoguerra dai fascisti appena giunti al potere, non s'è mai veramente diradata.
A diradare il nebbione aiuta invece il breve saggio "Cent'anni a nord-est", suddiviso nelle tre parti di "Fantasmi asburgici", "Fantasmi della diserzione" e "Fantasmi sulle montagne".
E ben venga la decisione di Trento e di Bolzano che esporranno la bandiera a mezz'asta, listata a lutto perchè - appunto - non c'è proprio niente da festeggiare...

La ferrata Bertotti al Chegul (Marzola)

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Un breve giro ad anello sulla montagna di Trento, con salita attrezzata e ritorno dai boschi del Passo del Cimirlo.
Gran bella passeggiata di sgranchimento primaverile ai piedi della Marzola: sentiero ripido a scaloni, attrezzatura da ferrata (scale, fittoni, cordino ben tirato) e panorama aperto sulla conca tridentina con i suoi "monti di Trento". Se fosse sereno, oggi ci sarebbe anche una corona di cime sullo sfondo, ma c'è nebbia bassa, quella che mica sempre "bòn temp la làssa"....
Per i mughi della Marzola è la stagione della fioritura. La scala ferrata assomiglia
a quelle delle Bocchette ma per il resto qui è tutto molto più user-friendly, siamo
quasi in città, e le varianti possibili sono tante...
Due ore in tutto, con una salita piuttosto atletica e una discesa molto rilassante fra le fronde di un bosco che per toni e luci sembra imparentato con la foresta di Sherwood (anche se i nomi sono molto trentini: Spiàz de le Patate, Colmi Brusàdi, Spiàz del Stelàr...).
Il posto è da gita domenicale ma quando c'è sereno il panorama, una volta arrivati al termine della ferrata, invoglia ad un giro più ampio: sarebbe bello arrivare fino alla sottile cresta della Marzola, che si affaccia di qua sulla conca di Trento e di là guarda la Valsugana, il grande solco che separa
i Lagorai dagli altipiani. Ma oggi non è giornata: foschia e nuvoloni spingono a un rientro più rapido...
Il nome ufficiale è "Sentiero attrezzato Giordano Bertotti" e come ferrata è in realtà piuttosto semplice, anche se i meno esperti ed i genitori con bambini faranno bene a imbragarsi. Ci si arriva partendo dalla strada che colleega il Passo Cimirlo con ilRifugio Maranza.
Molto caratteristica la scala presente lungo il tracciato ed il ponticello che scavalca una profonda fenditura della roccia.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 845 (cartello SAT lungo la strada per il Rif. Maranza)
Quota massima raggiunta: m 1.313 (Spiaz de le Patate)
Dislivello assoluto: m 468
Dislivello cumulativo in salita: m 498
Dislivello cumulativo in discesa: m 497
Lunghezza con altitudini: km 4,9
Tempo totale netto: 2:00
Difficoltà: EE

Descrizione del percorso: il sentiero SAT 418 sale ripido direttamente alla Croce del Chegul (m 1.258). I tratti attrezzati rendono l'ascensione sicura anche incaso di roccia bagnata, ci sono anche due scale verticali e un ponticello che scavalca un profonda fenditura rocciosa. Si prosegue sul 418 fino al quadrivio dello Spiaz de le Patate (m 1,313, cartello) ove si svolta a sinistra prendendo il sentiero SAT 411 in direzione Prà del Stelar. Qui giunti (m 980) si abbandona il 411 per prendere il sentiero SAT 427 il quale si trasforma quasi subito in strada forestale di fresca apertura. Giunti a quota 900 si può prendere una traccia sulla sinistra (vedi tracciato GPS) per tornare al punto di partenza senza perdite di quota.


Come arrivare: chi arriva da Trento deve abbandonare la strada statale della Valsugana seguendo le indicazioni per Cognola, inizialmente e poi Povo. Si passa presso il centro del paese e si prosegue in salita in direzione del passo Cimirlo (m 733). Al passo girare a destra (indicazioni) e percorrere la strada per Maranza. Circa 1 km dopo il passo si incontra, dove la strada spiana, un primo cartello in località Piani (m 851, cartello, mini parcheggio). Cento metri più avanti si incontra un ulteriore cartello SAT che indica l’inizio del sentiero nr. 418 per la ferrata Bertotti.

Epistemolgia del bivacco

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Fondamenti e metodi del pernotto nelle terre alte: nozioni essenziali per non passare la notte ostiando e svegliarsi felici.
bivacchi alpini
Bivacchi alpinistici o asciutti: bivacco "Alla Madonnina" sulla Vigolana, bivacco
"Ettore Castiglioni" sul Crozzon di Brenta, bivacco "Mario Rigatti" nel Latemar
e bivacco "Dino Marinelli" al Cimon di Bolentina (Val di Sole). Scarni, essenzia-
li e senz'acqua, quindi due volte "asciutti". Quelli del tipo "Apollonio" sono sem-
pre dotati di materassi e coperte.
Su una scala altimetrica distribuita da monte a valle possiamo distinguere cinque tipologie di bivacco:
bivacchi alpinistici(senz'acqua nè legna, spazi ristretti, letti a castello, tipo Apollonio);
bivacchi asciutti (ancora no acqua, ma con l'aggiunta di tavolo e panche);
bivacchi completi (compare una fontana esterna e anche un punto-fuoco per scaldarsi);
bivacchi alpini
Bivacchi completi, cioè con acqua, e da simposio o gozzoviglio, con tutto quello
che serve e spesso anche di più: bivacco "Malga Valletta Alta" (Lagorai), bivac-
co "Argentino Vanin" (Lagorai-Valsugana), bivacco "Forestale San Giovanni
Gualberto" (Primiero-Vanoi), bivacco "Malga Fornasa Alta" (Lagorai).
bivacchi da simposio (non solo posti-letto per la notte, tavolo con panche e fontana all'esterno, ma anche stoviglie e, soprattutto, cucina a legna e, magari, anche un caminetto aggiuntivo);
bivacchi esagerati (estensione "urbanoide" della tipologia da simposio: impianto fotovoltaico, acqua interna, pavimento piastrellato, servizi igienici, in qualche caso addirittura doccia...).

bivacco Gabler
Oltre ai bivacchi veri e propri, vanno considerati anche i ripari o ricoveri, utili punti
diappoggio in caso di temporali improvvisi. Il loro aspetto è spesso ingannevol-
mente attrattivo e sulle loro dotazioni vanno assunte informazioni precise e
aggiornate per non andare incontro a spiacevoli sorprese...
Ci sarebbero poi i bivacchi sfigati (a rigore "ripari" di emergenza buoni solo a riparare dalla pioggia e totalmente privi di comfort) ma per motivi di pulizia concettuale è bene escluderli dalla classificazione: sebbene il loro utilizzo non sia in linea di principio da escludere, dabbenaggine, faciloneria e disinformazione possono infatti costringere a servirsene. Andrebbero a rigore esclusi in quanto alludono a situazioni certo non volute o consapevolmente perseguite e vengano qui citati solo per una comprensibile esigenza di completezza formale.
Da questa schematica tassonomia va peraltro tassativamente escluso il pernotto in auto (tipologia assai diffusa, in realtà) per una serie di motivi che il lettore avrà la compiacenza di trovare evidenti e sui quali non vale dunque la pena di soffermarsi oltre.
Naturalmente con l'avanzare dell'età questa scala pentenaria tende a focalizzarsi sulle situazioni più confortevoli o meno disagiate, che normalmente si collocano in fasce altimetriche favorevoli all'anziano, alle sue capacità e ai suoi capricci.
Il girovago di lungo corso sviluppa, sovente a sue spese, la capacità di incrociare le dotazioni dei cinque gradi del bivacco (alpinistico, asciutto, comodo, da simposio, esagerato) con le dotazioni (materassino, saccopelo, cibarie e bevande) da portare con sé. La sapiente bilanciatura del peso dello zaino comincia con la classificazione del bivacco individuato come luogo di sosta per la notte.

Da St. Martin a Laces, in discesa (Val Venosta)

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Questa è un'escursione inversa, tutta in giù, dove si scende sempre, senza (quasi) mai prendere quota.
Il sentiero odierno ricalca l'antico collegamento che univa i masi del Sonnenberg nel tratto che va da Latsch/Laces a Goldrain/Coldrano. Percorrendolo oggi si incontrano i masi Kaser, Pardatsch, Niederhaus, Egg, Vorra, Laggar (ruderi), Zuckbichl (ruderi), Patsch (oggi baita della Forestale). Nella foto i tre masi più vicini a St.Martin im Kofel, ancora in attività e collegati da stradina di servizio: Pardatsch Hof, Egghof e Vorra Hof.
Il sentierino del Latschanderwaalweg ci riporta al parcheggio della stazione
a valle e ci evita due chilometri sull'asfalto della strada statale.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Si svolge tutta sul versante solatio del Sonnenberg, nel tratto sopra Latsc/Laces; parte dalla stazione a monte della funivia di St. Martin im Kofel e arriva alla sua stazione a valle.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Il lungo anello che ci riporta all'auto inizia con un panoramico traverso in quota, un'alta via tra i prati falciabili dei masi e termina seguendo il Latschanderwaalweg, il Waal di fondovalle che scorre parallelo all'Adige e che porta ancora oggi l'acqua irrigua da Tiss (periferia di Goldrain/Coldrano) a Kastelbell/Castelbello.
La lunga camminata nel sole, iniziata con un cornicione a perpendicolo sulla Val Venosta, si è conclusa mille metri più in basso tra l'ombra e le fronde del Waal che ci ripara dal caldo del fondovalle.
Ieri è infatti arrivato il gran caldo estivo, che ci ha spinto a prendercela fin troppo comoda.
Quando ci avviciniamo al fondovalle è pomeriggio avanzato, siamo abbrustoliti dal sole e
le temperature viaggiano ormai attorno ai 30 gradi. L'acqua del Waal è fresca, un toccasana per i piedi scaldati dagli scarponi.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza: m 1.725 (stazione a monte)
Quota di arrivo: m 625 (stazione a valle)
Quota massima raggiunta: m1.745
Dislivello assoluto: m -1.100
Dislivello cumulativo in salita: m 286
Dislivello cumulativo in discesa: m 1.355
Lunghezza con altitudini: km 16,1
Tempo totale netto: ore 5:30
Difficoltà: EE

Descrizione del percorso: dalla stazione a monte della funivia si prende a sinistra seguendo la stradina asfaltata (l'asfalto termina poco dopo) che porta al Vorra Hof, dove si trasforma in sentiero. Si prosegue sempre in leggera discesa fino ad attraversare il rio Fellerbach (m 1.460, breve risalita). Si giunge poi, sempre in discesa, in località Patsch (m 1.431, ex-maso ora baita forestale) dove si prende a sx il sentiero che scende ripido verso Goldrain. Giunti in località Tiss (m 700, chiesetta) si è ormai vicini al Latschanderwaalweg che viene raggiunto a quota 660. Lo si segue fino sopra la rotonda stradale di Laces dove (cartello) si scende in breve alla statale e, oltre il ponte, si èormai alparcheggio (m 620).

Come arrivare: da Merano si percorre la Val Venosta fino a Laces dove, appena oltre il ponte sull'Adige, c'è la stazione a valle della funivia per St. Martin (ampio parcheggio). 

Effetto Unesco a Passo Gardena

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Prosegue allegramente la distruzione del paesaggio dolomitico. La fiera s'è accelerata dopo la comparsa in scena di Dolomiti Unesco.
La scalata degli impiantisti alle vette dolomitiche continua silenziosamente sotto
gli occhi di tutti, senza "inutili" clamori giornalistici, nel silenzio assordante della
fondazione Dolomiti Unesco e del suo presidente Pichler Rolle. Comune di Selva
di Val Gardena, sindaco Peter Mussner (SVP).
Stanno terminando i lavori al nuovo ecomostro dello sci sopra Passo Gardena: sempre più in alto, sempre più grossi, sempre più strafottenti.
Una sostituzione del paesaggio alpino col cemento che Dolomiti Unesco sembra trovare del tutto "naturale", visto che tace.
L'arrivo di un presidente sudtirolese aveva fatto inizialmente ben sperare, ma ora è chiaro che non è diverso dal predecessore veneto, uno che aveva detto: "il nostro obiettivo deve essere quello di portare il maggior numero di turisti più in alto possibile".

Effetto Unesco a Passo Sella

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Altro che "patrimonio dell'umanità": nell'era Unesco gli impianti e i metri cubi si diffondono senza freni.
Passo Sella
La frenesia degli impiantisti non s'è fermata nemmeno davanti alla famosa "città
dei sassi" che ha fatto sognare generazioni di bambini e adulti e già che c'era ha
sostituito lo storico rifuigio Passo Sella con un anonimo resort. Alessandro Gogna
parla di "analfabetismo paesaggistico" ma in realtà è ancora peggio perchè si
tratta puramente e semplicemente di affarismo politico. Succede nel Comune
di Selva di Val Gardena, sindaco Peter Mussner (SVP).
In passato le notizie finivano in prima pagina, oggi non più: la speculazione ha imparato che inaugurazioni e conferenze stampa sono controproducenti e gli ambientalisti preferiscono le dispute tipo orso-sì orso-no.
Il partito degli affari brinda tranquillamente al chiuso e spende solo qualche briciola in fotoritocco per brillantare i depliant locali, tanto oramai al marketing territoriale provvede direttamente la fondazione Dolomiti Unesco; ci mette la faccia gratis, non bisogna nemmeno chiedere (e ancora una volta sono soldi pubblici). 

Attorno a Cima Nassere (ma non dovrebbe chiamarsi Croz de Conseria?)

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Giro dei baiti attorno al nodo Consèria-Nàssere, nei Lagorai.
Conseria Nassere
Le cartine individuano la cima centrale come Cima Nassere (qui, a titolo esemplificativo, la mappa digitale 4Land) ma nella tavoletta dell'Istituto Geografico Militare, che in quanto cartografia ufficiale dello Stato fa testo, la cima centrale è segnata come Croz de Conseria. La pur ottima guida "Lagorai Cima d'Asta" di Mario Corradini segnala a pag 424 che "alcune carte topografiche la segnano con il nome di cima Nassere" però la cartina a pagina 192-193 ripete pedissequamente l'errore delle cartine Kompass, 4Land (e altre ancora).
Malga Nassere
Il bivacco Malga Nassere è situato a 1.760 metri di quota ed è ricavato dai locali
della casera di Malga Nassere. Per dormire c'è un tavolato (no materassi no co-
perte) in grado di ospitare una decina di persone). A piano terra ampio locale con
tavoli e panche, angolo camino e fornasela. In ingresso ampia scorta di legna e
all'aperto fontana con acqua corrente.
Nell'alta Val Campelle il toponimo "Consèria" compare almeno cinque volte: Ponte Conseria, Malga Conseria, Alpe Conseria, Croz de Conseria, Monte Conseria.
La quota più elevata del monte che monopolizza la zona misura 2.253 metri, le due più basse sono l'una 2.156 e 2.248 e sono poste rispettivamente a Nord-ovest e a Sud-est dell'elevazione maggiore.
Baito Lastei
Il ricovero Baito Lastei è situato a 2.020 metri di quota. Niente letti o tavolati e
nemmeno acqua. Però è dotato di una piccola stufa.
Ci sarebbe allora da aspettarsi che la punta più elevata si chiamasse Conseria, in armonia col fatto che si tratta della cima più elevata del piccolo monte tricuspidato.
In effetti, è proprio quello che fa la cartografia ufficiale dello Stato (tavoletta IGM 1:25.000), che
lascia senza nome le due quote minori.
Ma se guardiamo le cartine escursionistiche scopriamo che che le viene attribuito il nome della malga sottostante: Nàssere.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.480 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 2.200
Baito Lastei Scagni
Il ricovero Baito Lastei-Scagni è situato a quota 2.080 metri ed è conosciuto
anche come Baito dei Scagni. Il piccolo rustico non ha posti letto ma solo due
panche e un ripiano che funziona da tavolo. Non ha acqua potabile ma si può
arrangiarsi con quella dei rigagnoli della conchetta erbosa che ospita il baito.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Dislivello assoluto: m 720
Dislivello cumulativo in salita: m 1.055
Dislivello cumulativo in discesa:m 1.025
Lunghezza con altitudini: km 14,6
Tempo totale netto: 4:45
Difficoltà: EE

Baito Cengello
Il ricovero Baito Cengello si trova in riva al Laghetto di Cengello ad una quota
di 1.985 metri. Anche qui niente posti letto ma solo tavolo e panche. C'è però una
piccola stufa. Per l'acqua bisogna arrangiarsi con quella del lago.
Descrizione del percorso: dal parcheggio di ponte Conseria (m 1.480) si segue la stradina per l'agritur Malga Caserine (cartelli) ma la si abbandona quasi subito seguendo la forestale che sale verso sinistra e che è in realtà il sentiero SAT 380. Giunti a Malga Nassere (m 1.760) si prosegue in salita fino a quota 2.065 (Busa del Lago) dove si trova il Lago di
GPS Cima Nassere
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Nassere. Bisogna ora seguire il sentiero che lo aggira sul lato meridionale fino ad arrivare a un bivio (m 2.105, tabelle) dove si cala in decisa discesa per ilsentiero SAT 360-1 verso destra per visitare il Baito Lastei (m 2.020). Ritornati in salita al bivio si prosegue lungo il SAT 360-1 fino a un biviodove si trascura il ramo che sale a destra verso la Forcelle delle Buse Todesche per imboccare la traccia sulla sinistra che volta in direzione del Baito Cengello (m 1.985). Dal baito si prosegue nel bosco con andamento pianeggiante fino a giungere in vista dei prati di Malga Conseria e a confluire nel sentiero SAT 326 proveniente da Passo Cinque Croci. Superata Malga Conseria (m 1.823) si cala infine ai parcheggi di Ponte Conseria (m 1.480) seguendo sempre il sentiero SAT 326.

Come arrivare: dalla Valsugana la Val Campelle si raggiunge partendo dal paese di Strigno (bisogna seguire le indicazioni per Spera o per "Rifugio Crucolo". L'asfalto termina a Ponte Conseria (ampi parcheggi, pedaggi nei periodi di punta, informarsi).
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