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Trento e la scarsa neve del 1935
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Il rifugio Brentari a Cima d'Asta
Fa parte della generazione dei rifugi a cubo, quelli realizzati dalla SAT quando il Trentino faceva ancora parte dell'impero austro-ungarico.
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Il Rifugio Cima d'Asta "Ottone Brentari" dopo il grande ampliamento del 1984. Nel riquadro lo vediamo nel suo aspetto attuale. |
Il primo rifugio ai bordi del laghetto venne realizzato nel 1908.
👉Erano gli anni dell'alpinismo esplorativo o comunque di avanguardia, che la SAT si sforzava di innervare d'uno spirito insieme aperto al progresso, comunitario e cooperativo.
👉Come altre iniziative, realizzazioni e personaggi della SAT d'allora, la passione per la montagna era venata di irredentismo anti-austriaco, un livello di rischio che personalmente colloco appena un gradino sotto il nazionalismo conclamato.
E infatti in alcuni casi le polemiche sfociarono nella contrapposizione militante, una contrapposizione che finì perfino nelle aule dei tribunali.
👉L'originario rifugio a cubo venne danneggiato sia nel corso della prima che della seconda guerra mondiale ma in entrambi i casi venne riparato e rimesso in funzione.
Rimase in servizio fino al 1982, quando venne ingrandito e modernizzato, assumendo l'aspetto attuale.
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Quella del cubo con spigolo di circa 6 metri fu una tipologia costruttiva fortunata, che ispirò poi il Dorigoni in Val di Rabbi, i rifugi Dante Ongari e Guido Larcher in Cevedale, il vecchio Mantova in Val di Peio, il Dodici Apostoli nel Brenta, il Taramelli nei Monzoni, l'Agostini in Val d'Amola. |
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Dopo i notevoli danni subiti nel corso della prima guerra mondiale, venne rimesso in sesto nel 1922 e in quella occasione la denominazione ufficiale cambiò perchè venne intitolato ad Ottone Brentari, autore della prima guida del Trentino che gli fu commissionata proprio dalla SAT. (immagine dal sito Cartoline dai rifugi). |
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Anche nel corso della seconda guerra mondiale il rifugio subì gravi danni alla struttura. Venne nuovamente rimesso a posto e fu riaperto l’8 agosto del 1952. |
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La pearà, salsa povera da bolliti che nel veronese non mancano mai nelle feste di fine anno
Questa è la puntigliosa ricetta della cugina meranese (che è per una metà veneta e per l'altra sudtirolese, e sa muoversi bene fra i fornelli).
I bolliti di carne sembrano pensati apposta per gli uggiosi giorni di pioggia e di umido, quelli che fanno passare la voglia di uscire.
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La pearà è una salsa esclusiva della città scaligera, dove viene abbinata ai bolliti misti di carne. Una tradizione assolutamente veronese. |
👉Nella pearà, secondo la ricetta veronese, ci andrebbe anche una cucchiaiata di midollo, da far sciogliere nella casseruola togliendo poi il residuo a fine rosolatura. Ma l'altissimo tasso di colesterolo del midollo suggerisce di lasciar perdere.
👉A far bene ci vorrebbe il brodo di carne, ma si può usare con profitto anche il brodo ottenuto dal dado Knorr (quello in gelatina) di manzo o di pollo, o anche quello liquido, già pronto in tetra-pack.
👉Come fare, in pratica: mettere in una casseruola dai bordi abbastanza alti, per evitare schizzi durante la cottura, 4 o 5 cucchiaiate abbondanti a persona di pane vecchio grattugiato e aggiungere il brodo nella quantità necessaria lasciando piuttosto liquido, mescolare bene e coprire.
Far alzare il bollore e abbassare poi il fuoco, continuando la cottura a fuoco molto basso e coperto. Mescolare di tanto in tanto controllando la densità, per evitare che si formino grumi o, se del caso, per aggiungere brodo o pane. Mettere il pepe (il nome suggerirebbe di stare sull'abbondante) e aggiustare di sale.
La cottura deve essere molto lenta, così da durare almeno un paio d’ore.
Quando la cottura e la densità sono giuste, aggiungere 4–5 cucchiaiate di formaggio grattugiato e continuare a mescolare per 5 minuti. Se non si era messo il midollo, come oggi in pratica fan tutti, è questo il momento di condire ora con un semplice filo di olio d’oliva.
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Lingua di manzo salmistrata con pearà veronese e sottaceti. |
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Il panino nello zaino: non scordarsi di quello con il pesto alla modenese (sì, molto invernale)...
La popolare “cunza”, conosciuta anche come "pesto alla modenese", è un semplice battuto di lardo, rosmarino e aglio e pepe (nero).
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Le rosette vecchie fatte a fettine e imbottite con la cunza modenese. Avvolte nella carta stagnola sono perfette per i panini invernali, specie in quei bivacchi o ricoveri che han- no un punto fuoco, che sia camino o fornaselapoco importa. |
D'inverno il panino con la cunza va avvolto nella carta stagnola e riscaldato sul fuoco perchè, grazie al calore, il lardo del pesto si ammorbidisce e sprigiona gli oli essenziali del rosmarino.
I panini più adatti sono i piccoli panini al latte che assomigliano alle tigelle modenesi e che sembrano fatti apposta per assorbire i forti aromi della cunza riscaldata.
D'estate la permanenza nello zaino li frolla al punto giusto. Per evitare trafilaggi, avvolgerli uno a uno nella pellicola di alluminio; d'inverno vanno invece riscaldati sui cerchi della fornasela o accanto al fuoco del camino.
👉Oggi la sugna non si trova più e molte macellerie non sanno nemmeno più di cosa si tratti. Ma in qualche supermercato c'è ancora: per esempio l'MD Discount di Levico oppure gli sloveni supermercati Tus, dove si chiama kodila zaseka.
Altrimenti bisogna partire dal lardo, a tocchi o già affettato, e poi tritarlo col coltello e la mezzaluna, un lavoro piuttosto lungo ma stimolante...
👉Per 250 grammi di lardo, sono sufficienti 2 o 3 spicchi d'aglio e 2 o 3 punte di rametti di rosmarino.
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Il lardo, il pepe e il rosmarino pronti per "battere" la cunza modenese. Nel riquadro l'aglio, già spezzettato ma ancora da aggiungere. |
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Per le vecchie strade alte fra Tesino e Feltrino
Da Passo Brocon a Lamon su una difficile strada bianca, con ritorno tranquillo dalla strada provinciale 212 "della Roa".
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A metà percorso s'incontra il torrente Senaiga. Vedi le altre foto in Google Foto. |
Oggi l'antico collegamento stradale Passo Brocon-Lamon è una forestale mal tenuta che ha inoltre subito gli insulti della tempesta Vaia dell'ottobre 2018.
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Scarica la traccia GPS da Wikiloc. |
👉La mia Suzuki Jimny c'è passata a colo: nonostante i lavori di ripulitura c'erano ancora strozzature e batoste, per esempio un lungo tronco adagiato a un metro e mezzo sopra la carreggiata, o anche un tratto di qualche metro devastato dalle radici rovesciate di un'enorme pianta, tutte situazioni dove i massicci 4x4 non sarebbero potuti passare per problemi di stazza.
Più ci si allontana dal Brocon è peggiore è la manutenzione. Prima di arrivare all'abitato di San Donato, inoltre, le abbondanti piogge hanno scavato dei solchi davvero profondi, insidiosi per il differenziale posteriore...
👉Il tratto più impegnativo è quello tra il Passo Brocon e la località Valnuvola, tutto su strada bianca non sempre ben tenuta. Sono 10 chilometri su un totale di 35.
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Sul Monte Zugna dal rifugio che ha il suo nome
Breve percorso molto facile e molto panoramico, ma attenzione: nubi e foschia qui sono spesso ballerini e allora il panorama viene meno...
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Questa è la cima del Monte Zugna. Val Lagarina a sinistra e Val d'Adige a destra. Al centro, accanto alla croce, l'osservatorio . |
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Le dime di mira all'osservatorio del Monte Zugna. Queste puntano a Sud, verso il Pasubio, il passo di Pian delle Fugazze e il gruppo delle Piccole Dolomiti. Vedi le altre foto in Google Foto. |
Il Monte Zugna è la montagna dei roveretani, così come il Bondone è la montagna dei trentini.
Sono ben 18 i chilometri di stradina asfaltata che bisogna risalire dal ponte sul Leno fino al Rifugio Monte Zugna, così come da Trento bisogna guidare per 20 chilometri per arrivare alla piana delle Viote (che è il baricentro dell'ampio gruppo del Bondone).
Dal parcheggio del rifugio il dislivello che rimane da vincere è di soli 200 metri, niente di che.
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Scarica la traccia GPS da Wikiloc. |
👉Al ritorno è d'obbligo la breve deviazione fino al monte della forcelletta che separa il Monte Zugna dai rocciosi e aspri Coni.
Sono solo dieci minuti di arioso balcone panoramico (ai tempi della WW1 era un trinceramento) lungo l'italiana mulattiera di rifornimento che da Passo Buole risaliva all'insediamento militare abbandonato dagli austriaci al momento dell'entrata in guerra, costruita per sottrarsi al tiro delle artiglierie di Cecco Beppe.
Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 1.610 (parcheggio al Rifugio Monte Zugna)
Quota massima raggiunta: m 1.826
Dislivello assoluto: m 216
Dislivello cumulativo in salita: m 320 circa
Dislivello cumulativo in discesa: m 320 circa
Lunghezza con altitudini: km 5,2
Tempo totale netto: ore 1:45 AR
Difficoltà: T-E
Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata.
Come arrivare: dall'ospedale di Rovereto ci si dirige verso il ponte sul Leno ma si abbandona quasi subito la direzione per seguire le indicazioni "Vallarsa" e "Monte Zugna": sulla destra si stacca una ripida stradina di montagna che transita da Albaredo e, restringendosi via via, termina dopo 18 chilometri a 1.600 metri di quota nei parcheggi del Rifugio Monte Zugna.
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L'inatteso Bivacco Brigata Cadore sul Col di Lana
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A sinistra la Marmolada, a destra la chiesetta. Inaugurato il 2 agosto 1992, è stato eretto dalla Sezione di Livinallongo dell'A.N.A. assieme alla Brigata Alpina Cadore. |
Si trova a pochissimi metri dalla chiesetta costruita sull'orlo del cratere provocato dalla super-mina sotterranea che l'esercito italiano fece esplodere il 18 aprile del 1916.
Sia la struttura che il tetto sono fatti in legno e anche l'interno è interamente rivestito di perline, cosa che d'inverno aiuta parecchio, specie nei bivacchi privi di punto-fuoco, come è questo.
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Privo di punto-fuoco, il bivacco manca anche di una fonte d'acqua. Perciò appartiene di diritto alla categoria dei "bivacchi asciutti", una mezzavia fra i duri e puri bivacchi alpinistici e quegli altri che definirei "comodi". Ci si può salire da Pieve di Livinnalongo. |
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Anche se piccolo, il bivacco dispone di un confortevole angolo-pranzo, bene illuminato da una provvidenziale finestra. D'inverno per mangiare tranquilli e asciutti bisogna affidarsi a panini e crostini o alle barrette energetiche. Per l'idratazione, non dimenticare il brodo. |
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C'era una volta la funivia della Val Manara
Collegava Zambana vecchia a Fai della Paganella e da qui proseguiva con due ulteriori tratte fino a quota 1900, al "Dosso Larici".
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La stazione a valle era collegata a Trento con un servizio di corriera che utilizzava la rota- bile in destra Adige, oggi abbandonata e invasa dalla vegetazione. |
Nel 1925 la costruzione del tratto Zambana-Passo Santel era terminata e venne inaugurato in pompa magna.
Era dotato di due cabine da 14 persone e aveva una portata massima di 56 persone all'ora. Il percorso era compiuto in 12 minuti.
Per l'inaugurazione venne scomodato addirittura il generale Umberto Nobile, già in procinto di partire per la sua trasvolata polare a bordo del dirigibile "Norge".
👉La seconda tratta del collegamento, che da Passo Santel saliva fino a quota 1.900 sulle pendici della Paganella, fu ultimata solo nel 1929 ed era suddivisa in due tronchi con una stazione intermedia in località "Rocca" a 1.450 metri di quota.
👉Rimase in servizio fino al 1955, quando una disastrosa frana che distrusse l'abitato di Zambana vecchia pose anche fine alla vita della funivia della Val Manara.
Un nuovo e moderno impianto Zambana-Paganella venne realizzato nel 1957: la c.d. "direttissima della Paganella".
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La funivia della Val Manara in una rara immagine trovata nel Web. Venne sostituita dalla "direttissima della Paganella" nel 1957, dopo che la frana del 1955 ebbe posto fine all'abitato di Zambana vecchia e anche, come "effetto collaterale", alla vecchia funivia. Il secondo tronco Passo Santel-Dosso Larici rimase invece in funzione come seggiovia fino agli anni Settanta del Novecento. |
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Zambana vecchia e la funivia della Val Manara in una foto d'epoca (foto dal blog "ilMulo.it"). |
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Tabella degli orari della funivia della Val Manara, comprensivi del collegamento con Trento città. |
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Al Lago di Braies? Andiamoci solo fuori stagione!
D'estate è quasi impossibile arrivarci, circondato com'è da ettari di parcheggi pieni di turisti frettolosi in cerca di gadget e di selfie.
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Negli anni dorati della "belle epoque" la cornice incantata di Braies ospitò monarchi e possidenti della intera Europa. |
C'è un bellissimo sentiero che corre tutt'attorno allo specchio d'acqua, rimanendo quasi sempre a pelo d'acqua: è il giro del Lago di Braies.
Solo che d'estate arrivarci è una corsa ad ostacoli.
👉Sarebbero quasi tutti in grado di camminarci, ma le mandrie di turisti-guardoni scesi dai bus e dalle auto intasano la valle fin dal primo mattino e fanno proprio passare la voglia.
👉La massa desiderante si imbuca soprattutto alla falsa baita sull'acqua del Terence Hill della fiction "Tre metri dal cielo" ma ignora bellamente o storico Hotel Lago di Braies, protagonista di ben altra storia, poco fiction e molto reale, una storia che si è dipanata nel Terzo Reich della "caduta degli dei" quando Hitler e compagni sgamavano di avere ormai i giorni contati.
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Il panino nello zaino: quello classico con lo speck
E' il panino da zaino buono per tutte le stagioni e in tutte le situazioni. Perciò non c'è molto da aggiungere, mi sembra...
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Baguette e speck sul Monte Zugna. Nel thermos c'è un brodo di carote, sedano, cipolle, una patata e una punta di dado Bauer. |
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Il doppio campo di San Trovaso, dove Corto Maltese si intratteneva coi gatti veneziani
Girovagando nella Venezia minore, quella amata da Hugo Pratt. Ampio e arioso, San Trovaso è acquattato ai margini dei flussi turistici...
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Il campo principale è rialzato perché originariamente si trattava di una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana, secondo l'usanza delle siccitose isole dalmate. |
👉Sui due campi adiacenti, che si toccano d'angolo, si affacciano due facciate di una fra le più antiche chiese della città. Basti dire che già nel 1028 le famiglie Barbarigo e Cavavella la riedificarono, cacciando la memoria di quella primigenia..
👉I due campi rimandano a due diversi ingressi. La tradizione vuole che le entrate differenziate servissero per separare le fazioni rivali del quartiere, forse i Castellani e i Nicolotti, al fine di evitare risse quando si recavano in chiesa. Non a caso il ponte adiacente è il famosissimo Ponte dei Pugni sul Rio de San Barnaba (il suo gemello, teatro di analoghi antagonismi territoriali, si trova a Santa Fosca).
👉Davanti alla facciata principale si apre il campo di San Trovaso vero e proprio, con la sua grande vera da pozzo piazzata al centro di un vasto rialzo che ricopre la preziosa riserva d'acqua.
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L'ampio slargo del campo principale si apre sulla facciata della chiesa ed è chiuso su un lato dal retro dello squero di San Trovaso, dove ancora oggi si riparano le gondole. |
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Quello che fu il “Rifugio alla Cappella di Calamento” (Lagorai)
Nel 1924 la SAT di Trento "affiliò" il nuovo albergo costruito nella Val
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L'albergo alpino “Rifugio alla Cappella di Calamento” come appariva nel 1934, dieci anni dopo la sua realizzazione. |
Calamento sopra i muri di un vecchio edificio che risaliva alla fine dell'Ottocento.
Il nome prescelto per il nuovo albergo alpino fu “Rifugio alla Cappella di Calamento” (si intendeva con questo ricordare la piccola cappella adiacente).
👉Molto più tardi, siamo già nel 1976 venne ristrutturato, seguendo la tendenza all'espansione edilizia in quota di quegli anni e in tale occasione cambiò il nome in "Albergo Calamento". L'attività proseguì con alterne fortune fino al 2008, quando ebbe termine.
👉Nel 2018 dei privati lo hanno rifatto, ampliato e riaperto con il nome di Hotel Aurai. Lo stile è quello "simil-alpino" e l'inziativa sembra rivolgersi ad un pubblico modaiolo sensibile ai richiami della sauna e del wellness più che a quello della montagna. Ma va bene così. Almeno non è in stile modernista o bio-bau fatto per "sorprendere": le sorprese, per chi le ama, sono state confine all'interno e soprattutto riprese nei depliant e nei siti illustrativi.
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La posizione dell'albergo in una vecchia fotografia. |
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Il "Rifugio alla Cappella di Calamento" in una cartolina viaggiata nel 1957. |
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Nel 2018 l'"Hotel Aurai" ha sostituito l'"Albergo Lagorai" nel riquadro in bianco e nero. (immagini antiche da cartolinedairifugi.it). Attualmente la SAT dispone di un altro albergo-rifugio in Val Campelle, sempre in zona. |
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Il panino col lardo e la salsa ajvar
Inconsueti generi di conforto per una breve uscita sopra Suerta, nei Lagorai meridionali, i monti che si affacciano sulla Valsugana.
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Questo è un inverno balengo e che non invoglia a grandi uscite. Due fette di pane integrale con dentro qualche fettina di lardo e una bella spalmata di ajvar, la rossa salsa balcanica. E poi una macinatina di pepe nero. E può bastare. |
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Il rifugio "Guido Larcher" al Cevedale
Ci si imbatte in lui risalendo il vallone che da Peio porta alla Forcola del Cevedale, fra le montagne dure e ghiacciate della trentina Val di Peio e della sudtirolese Val Martello.
Ci troviamo fra la valle dell'Adige e le valli del Noce, sul confine linguistico fra le due provincie.
Il rifugio sorge a 2608 di quota sul bordo di un piccolo scalino roccioso nell'alta valle, ben visibile sin dal Pian Venezia.
👉Qui, negli anni spensierati della belle époque, i facoltosi turisti-alpinisti della nobiltà e borghesia mitteleuropea si dedicavano alla scoperta delle Alpi: prima gli esploratori-alpinisti alla Julius Payer, poi i facoltosi di stampo cosmopolita.
👉La prima costruzione risale al 1882 ad opera della SAT ed aveva la forma a cubo. Interessante notare come nel 1907, questa piccola costruzione venne ampliata con due stanze, una per signore e una per signori.
Il rifugio porta il nome dell'irredentista trentino Guido Larcher, personaggio controverso che fu dapprima sodale di Cesare Battisti e Giovanni Pedrotti, combattè poi da volontario italiano nella WW1 e infine passò al fascismo. Su proposta di Ettore Tolomei fu nominato Senatore del Regno. Presiedette per diversi anni la SAT (1902-03, 1906-09, 1919-25, 1934-37).
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Non ho trovato fotografie o schizzi dell'originario rifugio realizzato qui dalla SAT nel lontano1882, che era della tipologia a cubo, molto diffusa a quei tempi e che ispirò poi il Dorigoni in Val di Rabbi, il vecchio rifugio al Vioz, il Dodici Apostoli nel Brenta, il Taramelli nei Monzoni, il Segantini n Val d'Amola., il Brentari a Cima d'Asta. Tutte le quattro immagini (tratte dal sito cartolinedairifugi.it) si riferiscono alla versione modificata nel 1907, quando al cubo venne aggiunta una piccola costruzione contenente due stanze. |
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Il nuovo zoom super-grandangolare targato Leica
Dopo una rovinosa caduta a terra il vecchio Olympus non s'è più ripreso, funziona solo alla lunghezza focale di 9 mm. Ok, sostituirlo!
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Il collaudato ma incidentato Olympus a confronto col blasonato Leica della Lumix. Per le misure e i pesi non c'è partita. E il Leica manterrà le sue promesse? |
Il più leggero e compatto Olympus rimane la scelta migliore per gli appassionati attenti al peso, quando non serve un attrezzo estremamente robusto e al top della qualità ottica perchè le loro esigenze che sono sì elevate, ma non professionali.
Che sarebbero poi la stragrande maggioranza di noi camminatori. Mi è andato bene per un sacco d'anni e il nuovo Leica in fondo è stato un solo un capriccio.
Che sarebbero poi la stragrande maggioranza di noi camminatori. Mi è andato bene per un sacco d'anni e il nuovo Leica in fondo è stato un solo un capriccio.
👉Le analogie tra il nuovo zoom Leica 8-18 mm e il vecchio Olympus 9-18 mm iniziano e finiscono con il loro raggio di zoom quasi uguale e la nitidezza centrale, sempre molto elevata. Ma la robustezza costruttiva, l'ingombro e la massima apertura, sono piuttosto diversi.
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Monte Creino, monte di guerra (cresta Bondone-Stivo)
Piccolo ma strategico sperone roccioso situato all'estremità Sud della catena Bondone-Stivo. Essendo esattamente di fronte alla prima linea italiana, che era attestata sul monte Altissimo, fu un punto chiave dello schieramento militare austriaco.
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La spianata coltivata della sommità del Creino termina con uno sperone roccioso (m 1.280) affacciato sul Garda. Era un punto-chiave dello schieramento militare austriaco durante la WW1. |
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La finestrella dell'osservatorio austriaco inquadra il Monte Altissimo di Nago, occu- pato dall'esercito italiano il primo giorno e tenuto fino al termine delle ostilità. Vedi le altre foto in Google Foto. |
Un accurato lavoro di ripristino permette di leggere anche oggi, ad un secolo di distanza, l'andamento dei trinceramenti, la posizione dei punti di osservazione nonchè delle altre opere di guerra scavate nella roccia viva dall'esercito austriaco.
👉Dal Passo di Santa Barbara, dove si lascia l'auto, il Monte Creino appare come il mero prolungamento dei campi coltivati a patate e cavoli, che hanno reso famosa la Val di Gresta.
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Scarica la traccia GPS da Wikiloc. |
Ma la spianata dissodata e coltivata culmina in una piccola gibbosità che, una volta raggiunta, si rivela essere un ardito sperone roccioso a picco sul Garda.
👉E' una comoda passeggiata turistica, semplice ma appagante per i panorami apertissimi che sa offrire e per la su marginalità rispetto ai grandi flussi del turismo di massa.
Nei giorni feriali possiamo approfittarne per fare scorta di ottima verdura, siamo infatti nella zona della Val di Gresta, riconosciuta patria del cavolo, della patata ed in genere della verdura da campo.
Quota di partenza/arrivo: m 1.173 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 1.288
Dislivello assoluto: m 115
Dislivello cumulativo in salita: m 150 circa
Dislivello cumulativo in discesa: m 150 circa
Lunghezza con altitudini: km 3,9
Tempo totale netto: ore 1:20 AR
Difficoltà: T
Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata.
Come arrivare: dal casello autostradale di Rovereto Nord bisogna puntare verso Riva del Garda e, giunti al bivio per la Val di Gresta, prendere a destra e salire fino a Ronzo Chienis, superarlo e proseguire fino al vicino Passo di Santa Barbara, dove si lascia l'auto.
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Notte di ramino ai Dismoni
Il maltempo e il rischio Coronavirus, un'accoppiata che costringe a casa e che incoraggia a ravanare nell'archivio delle fotografie.
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Vista sulle Pale meridionali, con la Cima della Madonna e il Sass Maor al centro. |
Ed ecco che saltano fuori gli scatti di una bivaccata di ben due anni fa,ossia dell'agosto 2018.
Non eravamo in un bivacco vero e proprio ma in una baita di montagna, quella "del Giorgio", che sta appena sopra Fiera di Primiero.
👉Una baita comoda e attrezzata di tutto, compreso il barbecue esterno, che naturalmente abbiamo sfruttato a dovere. E sempre tenendo d'occhio costine e luganeghe potevamo nel contempo decifrare cime e dettagli delle Pale di San Martino (visto che erano giusto lì di fronte).
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Emilio Comici sul Monte Maggiore di Fiume
Emilio Comici (un mito vivente, all'epoca) veniva fin qui, in questa sorta di Val Rosandra del Quarnaro, per esercitarsi. E' il Vallone di Aurania, un nome ormai caduto nell'oblio (oggi si chiama Vela Draga).
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I rocciatori che frequentavano la Valle Aurania facevano base al Rifugio Duchessa d'Aosta, dove oggi sorge la "Pansion Ucka", sul Monte Maggiore di Fiume. (foto e testi dal sito della sezione CAI di Fiume) |
Il Vallone di Aurania è una specie di stretto canjon ricco di torri, guglie, pinnacoli e campanili sotto alla Sella di Poklon, lungo strada che collegava Fiume con Pisino/Pazin.
👉Da Fiume "...bisognava portarsi al valico di Poklon, oltrepassarlo, scendere per alcuni chilometri verso l'Istria per la strada "Giuseppina"; lasciare la strada e portarsi verso sinistra, senza traccia di sentieri, tra gli odorosi ed arsi cespugli di ginepro, fino ad affacciarsi sul ciglio del vallone per cercarvi qualche possibilità di scendere, per gole ghiaiose, nel cuore del cañon, in cui si restava quasi imprigionati dalle incombenti pareti che lo delimitavano, isolati dal resto del mondo e colpiti dalla insospettata stranezza del paesaggio costituito da una serie di torri rocciose, non visibili dalla strada, ignote ai più..."
👉Da Fiume "...bisognava portarsi al valico di Poklon, oltrepassarlo, scendere per alcuni chilometri verso l'Istria per la strada "Giuseppina"; lasciare la strada e portarsi verso sinistra, senza traccia di sentieri, tra gli odorosi ed arsi cespugli di ginepro, fino ad affacciarsi sul ciglio del vallone per cercarvi qualche possibilità di scendere, per gole ghiaiose, nel cuore del cañon, in cui si restava quasi imprigionati dalle incombenti pareti che lo delimitavano, isolati dal resto del mondo e colpiti dalla insospettata stranezza del paesaggio costituito da una serie di torri rocciose, non visibili dalla strada, ignote ai più..."
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Ancora sulla "Torre della Fessura". Il Vallone era anche noto col nome di "Valle delle Meraviglie", così come nei dintorni di Trieste c'era la Val Rosandra, la "valle incantata", che era anch'essa frequentata dal sestogradista Emilio Comici. |
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Il rocciatore fiumano Bruno Piva, che era un capitano marittimo di lungo corso, in arrampicata sulla torre "Garisenda" o "Candela" nel Vallone di Aurania. "Emilio Comici era per noi, prima di Val Aurania, un nome che sapeva di leggenda; un nome che, per noi, si allineava a quelli mitici di Preuss, Dülfer, Tita Piaz, per citarne solo alcuni. Dopo Valle Aurania, Emilio Comici è diventato un amico..." |
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Oggi la via di avvicinamento più comoda parte dall'apposito parcheggio "Park Vranjska Draga" presso l'uscita del tunnel stradale proveniente da Rijeka (che chi viene dall'Istria centrale vede come l'ingresso del tunnel per Rijeka). Ci si può limitare ad arrivare al belvedere (vidikovac) o scendere nel vallone, fino alla massicciata della ferovia Lupogliano-Arsia. Il nome odierno di questo storico sito di arrampicata è "Vela Draga", ricordarselo! |
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Una sarma di verze della Val di Gresta...
Grazie ad un fortunato incontro russo (lui) e ucraino (lei) ho imparato quanto sia facile fare la sarma con le verze al posto dei "capuzzi".
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Involtini di riso e carne: sarma di verze con salsa di peperoni rossi e panna acida. |
Fatta con le verze invece che con il canonico cavolo cappuccio, che sarebbe poi quelli dei crauti.
Vladimir e Olga sono qui in Italia da diverso tempo e tifano per la cucina italiana, soprattutto per il pesce.
Ma - se opportunamente sollecitati - raccontano anche delle cucine di provenienza, che sono quella russa e quella ucraina. Insomma, tutta roba della steppa profonda...
👉E' Olga a spiegarmi che le foglie del cavolo cappuccio possono a volte risultare troppo dure, tanto da rischiare di spezzarsi quando si cerca di arrotolarle sulle sarme, almeno in questa stagione e dalle nostre parti.
👉Lei preferisce affidarsi alle foglie delle verze, più rugose e più morbide e ovviamente io non discuto.
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La classica sarma balcanica è qui proposta in una versione più leggera: sono degli involtini di foglia di verza su un ripieno di riso e poca carme, con salsa di panna acida e peperoni rossi, accompagnati da pane di segale, salsa ajvare peperoncini sottaceto. Sono i gusti che vengono dall'Est, un po' come le papriche impinide istriane. |
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Il pane vecchio al tempo del Coronavirus
Il "caserm arrest" provocato dall'epidemia di polmonite virale ci dice che fare la spesa è più complicato e che il pane invecchia velocemente.
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Ricordiamoci che ricorrere alla cucina del riciclo e a quella del frigo non è poi così male. Le rosette della Coop diventano piacevolmente croccanti dopo qualche giorno. Eravamo forse abituati a gettarle via, ma in realtà sono proprio giuste per farne degli apericena casalinghi, o dei bacari da salotto: gamberetti con porri, uova sode con acciughe, cunza alla modenese (per dire) |
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